14 Mag Asporto nuovo rischio per l’ambiente
Fase due: se fosse una catastrofe per l’ambiente. Il ritorno all’usa e getta rischia di facri buttare a mare tanti progressi fatti.
Le iniziative eco-compatibili, infatti, sono diventate una componente importante dell’economia odierna e la sostenibilità è un pilastro per molte organizzazioni e imprese. Queste misure pensate per il pianeta non si estendono solo a un determinato prodotto, ma sono pienamente integrate nel modo in cui operano i marchi moderni, dal punto di vista del marketing, nonché alla luce delle loro pratiche di produzione e dell’esperienza lavorativa dei dipendenti.
Le campagne contro l’uso della plastica, vera emergenza ecologica attuale, ci avevano reso più attenti, nei mesi passati, nell’acquisto di cibi non confezionati, quindi frutta e verdure sciolte e non conservate sotto plastica, prodotti freschi come carne e formaggi tagliati al banco e non già confezionati.
Le aziende, dal canto loro, qualche passo in questa direzione l’hanno mosso, adottando packaging sostenibili, come carta e cartone, cellulosa eccetera.
Ovviamente, con la fine del lock down e l’introduzione della fase 2, torna il monouso. Tutto viene imballato: persino i bar devono servire caffè, bevande e cibi in confezione da asporto. Questa fase due rischia quindi di diventare un grosso problema dal punto di vista ambientale. Tornando al monouso, e alla plastica, per esempio per i guanti, in un certo senso le nostre abitudini si sono ribaltate: ci siamo allenati per anni al riciclo e ora ci si chiede di far uso di usa e getta.
La fase due sembra spazzare via anni di buone pratiche acquisite. Eppure, è indispensabile che bar e ristoranti si rivolgano comunque ai packaging più innovativi. Alcuni sono sul mercato da anni, altri arriveranno sul mercato solo fra qualche anno ma è indispensabile che anche in questa fase di monouso le aziende siano consce del rischio che le tonnellate di rifiuti potrebbero causare, vanificando gli sforzi del recente passato.
Da una parte, la riduzione di gas serra dovuto al blocco delle attività produttive e del traffico, ci hanno fatto rivedere i nostri mari restituiti alla loro fauna originale, con i delfini e le balene che nuotano liberamente nel Tirreno, anche in prossimità della costa, dove mancavano da molto tempo. Le città svuotate dal traffico hanno ritrovato un proprio equilibrio, le polveri sottili sono diminuite, ance se non ovunque: insomma, questa terribile epidemia ha messo in pausa i danni prodotti dall’uomo.
E tuttavia, il ritorno ad una pseudo normalità potrebbe rappresentare un colpo durissimo, proprio per l’enorme massa di rifiuti che comporterà.
Fra l’altro, il diffondersi degli acquisti a distanza, che sono robustamente imballati con plastica in più strati, cuscinetti in plastica antiurto eccetera, hanno generato un ulteriore afflusso nelle nostre case, e alle discariche, di materiali non sempre riciclabili.
Dopo il colpo inferto alla nostra economia dalla lunga fase di inattività, per non parlare dell’insopportabile numero di vittime, questa nuova fase presenterebbe, almeno dai primi segnali, un preoccupante ritorno a vecchi modelli di comportamento: un esempio per tutti guanti, salviette, mascherine abbandonati per strada. I negozianti provano a installare appositi contenitori all’esterno del locale ma non sempre è facile, ammettiamolo, riuscire a fare il proprio dovere impacciati come siamo dai guanti di plastica che si attaccano dappertutto, dalla mascherina che toglie il respiro e anche un po’ dalla pazienza ormai al limite.
Tuttavia, proprio perché la situazione è difficile, sarà un problema di tutti tentare di fare scelte responsabili, scegliendo prodotti con impacchio biodegradabili e compostabili e, naturalmente, conferendo correttamente i rifiuti.
Interessanti alcune iniziative volte in tal senso: la cooperativa Ekoe plastic free, che si occupa della diffusione del monouso compostabile, nonostante lo smart working e il lavoro su turni, ha potuto consegnare ai paesi colpiti dall’epidemia imponenti forniture di contenitori biodegradabili per alimenti.
Poiché molte attività chiuse da mesi, per sopravvivere si sono attivate per il take away, sono sorte anche le logiche necessità di corretto trasporto e conservazione del cibo: inutile consegnare cibi fritti freddi oppure dolci caldi. Gli articoli più richiesti sono quindi proprio quelli capaci di conservare la temperatura del contenuto costante.
E, davvero, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
I contenitori in PLA, per esempio, sono perfetti per conservare e trasportare alimenti freddi ed esistono in una svariata varietà di forme e dimensioni. Il PLA è un polimero riciclabile come rifiuto organico in poche settimane.
Anche le vaschette biodegradabili in cellulosa, che si possono passare direttamente in forno, sono perfette per trasportare cibi che devono essere per forza consumati caldi.
Per lo street food esistono coni biodegradabili per qualsiasi tipo di alimento, che restano intatti anche se portati a contatto con i cibi molto caldi, per esempio, le patatine fritte.
Infine, le carte alimentari, fatte a busta o a sacchetto, sono perfette per l’imballo di moltissimi tipi di cibo e vengono smaltite nell’umido.
Ma c’è, o meglio, ci sarà, qualcosa di ancora più sorprendente: l’American Chemical Society ha recentemente annunciato di aver creato un’alternativa di involucro di plastica biodegradabile che potrebbe aiutare a ridurre i rifiuti di imballaggio. Non solo il nuovo packaging è migliore per il pianeta, ma può anche salvare gli esseri umani dal consumo dei composti potenzialmente dannosi che possono trasferirsi dai film plastici negli alimenti.
Presentato dai ricercatori al 252 ° National Meeting & Exposition della American Chemical Society, il nuovo packaging è un’alternativa di involucro di plastica biodegradabile a base di pectina di agrumi, sale e una proteina del latte chiamata caseina. Il film “commestibile” è un’ottima alternativa all’involucro di plastica, fornisce anche un nuovo uso per il latte in polvere in eccesso, non contiene sostanze chimiche nocive che potrebbero infiltrarsi negli alimenti e mantiene anche i prodotti più freschi rispetto al tradizionale involucro per alimenti.
Anche se l’imballaggio a base di caseina non consentirà una lunga conservazione negli scaffali di un supermercato, è certo l’invenzione dimostra il potenziale per soluzioni di imballaggio più naturali.