Dolci: se amarli fosse una questione genetica? parte I

Dolci: se amarli fosse una questione genetica? parte I

Quando il cibo tocca le nostre papille gustative, i recettori del gusto producono un segnale che viaggia lungo i nervi gustativi fino al cervello. Questo genera una sensazione di sapore e ci aiuta a decidere se ci piace il cibo.  

La ricerca genetica nell’ultimo decennio si è in gran parte concentrata sui geni per i recettori del gusto dolce e di come la variazione di questi geni influenzi la nostra sensibilità alla dolcezza e la quantità di zucchero che mangiamo e beviamo. Ricerche recenti mostrano che la genetica rappresenta una spiegazione solo per il 30% dei casi. Per l’esattezza, uno studio compiuto su 176.867 persone di origine europea provenienti da Australia, Stati Uniti e Regno Unito, ha messo in correlazione i marcatori genetici in tutto il genoma e la relazione fra percezione del gusto dolce e assunzione di zucchero, utilizzando una tecnica nota come analisi di associazione dell’intero genoma.  

Dopo uno studio durato 15 anni, la ricerca ha dimostrato che diversi geni (e non quelli relativi ai recettori del gusto dolce) hanno l’impatto più forte sul modo in cui percepiamo il sapore dolce e sulla quantità di zuccheri puri che assumiamo. 

In sostanza, sarebbe il cervello a “percepire” il dolce, diventando così fondamentale nelle nostre scelte alimentari e nella quantità di zuccheri che consumiamo.  

Sweet craving: un risultato dell’evoluzione 

Perché quindi amiamo i cibi dolci? Il nostro naturale godimento dei cibi dolci potrebbe essere una sorta di ubriacatura evolutiva. Gli scienziati ritengono che essere in grado di assaporare la dolcezza potrebbe aver aiutato i nostri antenati a identificare il cibo ricco di energia, che ha svolto un ruolo fondamentale nella sopravvivenza.  

Tuttavia, essere in grado di valutare la dolcezza dei cibi (le prove di cui abbiamo parlato sopra comprendevano anche dei test sulla percezione del sapore, per esempio, dei dolcificanti artificiali) non significa preferire mangiare cibi molto dolci. 

E potrebbero esserci anche geni che influenzano la nostra percezione della dolcezza, ma non la nostra abitudine di mangiare dolci. 

Lo studio condotto su campioni di persone di provenienza europea ha, ovviamente, circoscritto la ricerca, tanto che gli stessi ricercatori hanno scoperto che persone di diverse origini hanno una diversa percezione della dolcezza e diverse abitudini nel consumo di dolci. Ad esempio, le persone di origine africana tendono a mangiare più zucchero rispetto alle persone di origine europea e asiatica. Quindi, qual è la spiegazione? E c’entra proprio la genetica? 

Biologia e genetica del gusto dolce: come percepiamo i sapori 

Incominciamo col dire che la percezione del sapore dolce, nell’uomo, si verifica nelle cellule recettoriali del gusto sulla lingua e il palato. Per la precisione, le papille gustative nelle quali risiede la maggior parte dei recettori dolci sono sulla punta della lingua e assomigliano a minuscole protuberanze rosa: la percezione dell’intensità dolce è correlata alla loro densità. 

All’interno delle papille gustative, le cellule dei recettori del gusto producono proteine ​​che partecipano alla “comprensione” del gusto dolce. Nella papilla gustativa umana, alcune cellule esprimono recettori dolci e rispondono alla dolcezza, mentre altre cellule esprimono recettori amari e rispondono a sostanze chimiche amare. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che se una cellula del recettore del gusto viene modificata in modo che una normalmente sensibile al dolce “esprima”, invece, un recettore amaro, l’animale tratta quella particolare sostanza chimica amara come se fosse dolce.  

A questo proposito è interessante notare che, esperimenti a parte, in natura, i gatti domestici e le tigri non preferiscono soluzioni dolci rispetto all’acqua. Questa mancanza di interesse per lo zucchero è probabilmente dovuta al fatto che non possono gustare la dolcezza perché la sequenza del DNA di uno dei geni del recettore rilevanti (TAS1R2) è decaduta nel tempo. Se le varianti della sequenza del DNA spiega l’indifferenza di questi animali al gusto dolce, è possibile che ciò possa essere vero anche nell’uomo. 

Probabilmente esiste una gamma completa di variazioni umane nella percezione del dolce e la variazione genetica nei geni dei recettori del gusto può spiegare alcune o molte di queste differenze da persona a persona. Non è chiaro però se le differenze genetiche nella percezione o nel gradimento dei dolci che sembrerebbero esistere negli esseri umani possano tradursi nell’assunzione di cibo e nelle preferenze alimentari.  

Ci sono altre spiegazioni per le differenze di gusto da persona a persona, oltre a quelle di tipo genetico o evolutivo. Ad esempio, gli ormoni modificano l’attività delle cellule dei recettori del gusto e differiscono nella concentrazione fra persona e persona. E questo potrebbe portare ad un maggior gusto del dolce e a un maggior consumo. 

(Segue)



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