Impronta di carbonio: Gobrick, il sistema creativo per riciclare la plastica

Impronta di carbonio: Gobrick, il sistema creativo per riciclare la plastica

Impronta di carbonio e plastica. Una rivoluzione tecnologica che ci è sfuggita di mano, in tutti i sensi. La produzione degli scorsi 15 anni, e l’incuria criminale dello spargimento nell’ambiente naturale, ci hanno portato alla peggiore delle catastrofi ambientali. Può sembrare strano ma la plastica porta la palma, poco ambita, del materiale più inquinante presente nel globo. Sulla terra e nell’acqua. 

Forma Impronta di carbonio

Una produzione selvaggia, lo smaltimento disinvolto del secolo scorso ed eccoci qua: dal 2004, il mondo ha prodotto tanta plastica quanta ne ha prodotta nel mezzo secolo precedente, ed è stato calcolato che la massa totale di plastica vergine mai prodotta ammonta a 8,3 miliardi di tonnellate, derivate principalmente da gas naturale e petrolio greggio, utilizzate come materie prime chimiche e fonti di combustibile. Tra il 1950 e il 2015 sono stati generati un totale di 6,3 miliardi di tonnellate di rifiuti plastici primari e secondari (riciclati), di cui circa il 9% è stato riciclato e il 12% incenerito, mentre il restante 79% è stato stoccato in discarica o è stato rilasciato direttamente nell’ambiente naturale. Nel 2015 sono state prodotte 407 milioni di tonnellate (Mt) di plastica, di cui 164 Mt consumate dagli imballaggi (36% del totale). Sebbene i valori indicati varino, gli imballaggi rappresentano probabilmente circa un terzo di tutta la plastica utilizzata, di cui circa il 40% finisce in discarica, mentre il 32% sfugge al sistema di raccolta. Purtroppo, almeno 9 milioni di tonnellate di plastica sono finiti negli oceani nel 2010, a seguito di una cattiva gestione dei rifiuti, insieme a un massimo di 0,5 Mt (milioni di tonnellate) ciascuno di microplastiche dal lavaggio di tessuti sintetici e dall’abrasione degli pneumatici sulle superfici stradali. I cinque maggiori inquinatori di plastica sono Cina, Indonesia, Filippine, Vietnam e Sri Lanka, che insieme contribuiscono al 56% dei rifiuti di plastica globali. Gli articoli di plastica primaria più grandi possono subire una progressiva frammentazione e produrre un numero maggiore di particelle microplastiche “secondarie” sempre più piccole, aumentando così la superficie complessiva del materiale plastico, che migliora la sua capacità di assorbire e concentrare gli inquinanti organici persistenti. 

Anche gli alimenti possono essere contaminati dalle microplastiche presenti nell’aria. 

Il ghiaccio marino intrappola grandi quantità di microplastiche e le trasporta attraverso l’Oceano Artico e queste particelle vengono rilasciate nell’ambiente globale quando il ghiaccio si scioglie, in particolare sotto l’influenza di un aumento della temperatura media globale 

E sebbene il riciclaggio sembri la soluzione a questo problema, potrebbe non essere efficace come vorremmo. 

I sistemi di riciclaggio industriale presentano gravi difetti, creando spreco di energia mentre il mondo occidentale invia alcuni dei suoi beni riciclabili all’estero, generando enormi emissioni di viaggio. 

Sono molte le iniziative internazionali e locali. Imponente l’impegno e la mobilitazione creati dal movimento globale Breackfrefromplastic, che immagina un futuro plastic free. Dal suo lancio nel 2016, più di 11.000 organizzazioni e singoli sostenitori provenienti da tutto il mondo si sono uniti al movimento per richiedere massicce riduzioni della plastica monouso e per spingere per soluzioni durature alla crisi dell’inquinamento da plastica. 

Una soluzione, parziale ma interessante, nasce nelle Filippine nel 2012. Invece di sbarazzarsene, stoccarla, fonderla (con ulteriori emissioni di carbonio), i Filippini si sono inventati il progetto Gobrick e l’ecobrick, un riciclaggio che sposa sostenibilità e creatività. 

Cos’è un ecobrick? In sostanza “una bottiglia di plastica imballata a una densità prestabilita con plastica usata, pulita e asciutta per ottenere un elemento costitutivo che può essere utilizzato più e più volte”. 

Riuscite a immaginare una bottiglia di plastica riempita sino all’orlo con rifiuti di plastica puliti, chiusa e usata per costruire fioriere, mobili da interni, edifici? 

Eppure, è questa la sfida Gobrick. Grazie al principio del “cradle-to-cradle” – dalla culla alla culla, cioè il principio del rifiuto zero, l’ecobrick diventa una risorsa, che non è necessario buttare o riciclare: un prodotto circolare che non va mai alla tomba. Che può essere inserito in un altro ecobrick, sino all’infinito: non per niente, dicevamo, con gli ecobrick hanno costruito persino edifici e piscine. 

L’iniziativa popolare è diventata, nel 2014, la Global Ecobrick Alliance (GEA)  

 Questa iniziativa guidata dai cittadini è diventata poi popolare in tutto il mondo, specialmente grazie all’impegno “apostolico” del gruppo di ecobricker britannici, che hanno creato su Facebook un gruppo che conta oggi 40.000 membri, senza pensare tutte le communities sparse nel mondo. 

Chi, alla fine di una festa di ragazzini, non si è trovato con una rovina di bottigliette di plastica in giardino o in casa? Certo, le si butta nel bidone del riciclo ma sappiamo bene che i sistemi di smaltimento industriale sono tutt’altro che perfetti. Se invece di buttarli ci riscoprissimo bambini alle prese con i Lego. Perché non creare elementi modulari di varie dimensioni, che possono essere assemblati per creare il rivestimento di piscine, mattoni per l’edilizia, arredi e mobili? 

Dagli alberi di Natale alle pareti del giardino, le possibilità sono infinite. 

Ecobrick: come crearne uno perfetto 

A parole sembra facile ma un vero ecobrick deve seguire alcune regole di costruzione. In primo luogo, deve restare dove è nato: spedirlo altrove è un controsenso: cercare di evitare l’inquinamento e poi crearne uno con il trasporto, è una vera assurdità. 

In secondo luogo, un vero ecobrick deve essere certificato. È quindi necessario registrarsi (sì, un po’ di burocrazia non manca mai, nemmeno alle idee geniali) su gobrik.comcompilare il modulo che descrive le caratteristiche dell’ecobrick (peso, marca, colore …), ottenere il numero seriale, fotografare l’ecobrick e farlo convalidare da almeno tre ecobrickers qualificati. A questo punto, può essere portato al punto di raccolta degli ecobrick. Non ci crederete, ma esiste anche il Brickcoin, una vera criptovaluta che serve per misurare e valutare la plastica che viene imballata, premiando finanziariamente i migliori ecobricker. 

Nel 2019, 20.000 chilogrammi di plastica sono stati utilizzati in 57.995 ecobrick in tutto il mondo, superando l’obiettivo iniziale di 10.000 chilogrammi. 

Questo è uno dei molti esempi presentati dal movimento Do1thing, che promuove l’impegno personale in un gesto, anche semplice, che migliori la nostra impronta di carbonio. Piccolo o grande, è un passo. Esiste anche un hashtag # Do1Thing su Twitter o Facebook, nel quale descrivere le proprie iniziative per il pianeta. 



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