11 Mar Ravioli del plin: quel pizzicotto che fa la differenza
I ravioli del plin, ossia gli agnolotti al plin, sono la celebre pasta ripiena diventati famosi proprio grazie al plin piemontese. Si potrebbe dire che sono il simbolo di una tradizione ininterrotta: gli agnolotti piemontesi possono avere ripieni diversi (anche se il classico è di carne brasata) ma ciò che non cambia, per queste pepite nate nel Cuneese, e precisamente nelle Langhe, è proprio il pizzicotto, che si pratica da centinaia di anni. In realtà, però, non si sa quando nacquero: unica testimonianza scritta degli ultimi duecento anni, è quella del celebre chef torinese Francesco Chapusot, nel 1846.
Sono un cibo delle feste, dalla preparazione lunga ma dal risultato assicurato; altrettanto l’entusiasmo dei commensali, perché, potrà sembrare strano, ma quel plin che sigilla l’agnolotto, lo rende piacevolmente paffutello e succoso, con un pizzico di pasta al dente che crea un contrasto delizioso con il succulento ripieno.
Una tradizione tipicamente piemontese: anche nei ristoranti, ai clienti gli agnolotti del plin vengono serviti “come assaggio” al tovagliolo, quindi scolati e posati su un tovagliolo, perché i convitati possano gustarli nudi, senza condimenti, per apprezzarne la finezza.
I grandi chef ne hanno proposto centinaia di versioni e, anzi, molte hanno anche ricevuto premi internazionali: tuttavia la ricetta originale è una, ossia quella a base di carni brasate; il ripieno è un misto di carni, in genere vitello (in alcune varianti con maiale e talvolta coniglio, tipico piemontese).
Le carni sono rosolate nell’olio con la cipolla e sfumate col vino; una volta cotte, vengono tagliate finemente e mescolate con parmigiano, sale e pepe. La sfoglia, ovviamente casalinga, è fatta con farina, e uova, albume e tuorlo e deve essere tirata sottilissima.
La preparazione degli agnolotti è piuttosto lunga ma è possibile realizzarli in grandi quantità e congelarli in modo che possano essere gustati in più occasioni.
Ravioli del plin ricetta
Ingredienti per 4 persone
400 g noce di manzo
100 g cipolla bianca
20 g farina di grano tenero tipo 00
200 ml vino rosso
70 g cervella di vitello
50 g parmigiano reggiano
8 g sale e pepe
20 ml olio extravergine di oliva
Per la pasta fresca
150 g farina di grano tenero tipo 00
100 g tuorlo d’uovo
Il ripieno
La carne va tagliata a pezzi e la cipolla tagliata a julienne. Si passa la carne nella farina, la si scrolla per eliminare l’eccesso, la si pone in una padella con un filo d’olio e si fa rosolare accuratamente. Una volta rosolata, si aggiungono la cipolla a julienne e il vino, e si fa sfumare. Si continua la cottura con poco brodo e, infine, si aggiungono le cervella e si toglie dal fuoco.
La si macina finemente aggiungendo parmigiano, sale e pepe.
La sfoglia
Una volta impastata la farina con le uova, si mette a riposare in frigo per qualche ora.
Si riprende, la si stende a strisce larghe circa cinque centimetri e molto sottili. Si pongono piccole porzioni di ripieno a circa 1,5 centimetri dall’altro, si piega a metà e si tagliano i vari ravioli con la classica rotella, poi si dà il pizzicotto, per ottenere la forma tipica.
Come tutte le paste ripiene, va cotta in acqua salata e scolata al dente. La si può servire con burro fuso, oppure anche “a culo nudo” (come si dice in Piemonte), quindi sconditi e serviti su un tovagliolo o in un piatto, oppure in una ciotola colma di vino rosso corposo (una tradizione del Monferrato).
Quando mangiare i ravioli al plin
Sempre, verrebbe da dire, perché sono una festa per gli occhi. Purtroppo, la lavorazione lunga rende abbastanza difficile, con il poco tempo libero che abbiamo oggi, prepararli freschi ogni volta che lo si desidera.
La soluzione è gustarli al ristorante (quando finalmente riapriranno, e non a singhiozzo) oppure prepararne una grande quantità e congelarli. Li si pone ben allargati su una teglia coperta di carta forno e si pone in congelatore. Una volta congelati, li si può mettere già porzionati per varie occasioni (cena di coppia, pranzo in famiglia, festa con gli amici) in sacchetti per alimenti. Li si cuoce senza scongelarli, controllando bene la cottura.
Sono piatti tipici della festa, da abbinare ai corposi vini di questa terra magnifica, dalla gastronomia così ricca che, persino per un Piemontese, è quasi impossibile assaggiarla tutta. I turisti la stanno scoprendo, meglio, la stavano scoprendo, e speriamo che una volta usciti da questo lungo inverno, e non meteorologico, tornino ad affollare ristoranti, locande, bed and breakfast, cantine, per vivere di persona la festa perpetua di essere piemontesi.