24 Feb Ricette Tradizionali Liguri: il Cappon Magro
Cappon magro, la più incredibile delle insalate, ormai reperibile solo nelle gastronomie di gran lusso, che a Genova abbondano, e in rari ristoranti. La ricetta che qui vi forniamo è, al contempo, uno spaccato di storia della cucina ligure e un procedimento vero e proprio per ottenere questo piatto che, immancabilmente, portato in tavola, strappa l’applauso.
“Fra tanti libri che trattano l’arte utilissima e indispensabile del cucinare secondo le usanze dei varii paesi e città del Globo, mancava alla nostra Italia un trattato speciale della cucina genovese, la quale certamente, per squisitezza e buon gusto, ed insieme per semplicità ed economia, non la cede a quanti altri sistemi e metodi si conoscano proprii alle diverse provincie d’Italia ed alle altre Nazioni.” “È stato pubblicato bensì, di recente, un libro che s’intitola “La Cuciniera Genovese”, ma esso non ha potuto che in parte soddisfare al sentito bisogno, perocchè quantunque coscienziosamente compilato dal signor G. B. Ratto, tal libro è troppo succinto per potersi adattare alla intelligenza dei più ignari nei segreti della cucina.
Gli è per ciò ch’io volli più esattamente trattare questa materia, giovandomi all’uopo di quanto in quel libro stesso havvi di utile e buono, non che della mia propria esperienza e dei suggerimenti di Cuochi genovesi pratici ed abili nell’arte loro.” “Il libro, pertanto, che ora presento al pubblico, sarà una guida fedele e sicura ai capi di famiglia, alle padrone di casa, massaie o fantesche, per preparare, comporre, condurre e cucinare ogni sorta di vivande alla vera usanza di Genova, ad un tempo semplici e buone, gustose e sane, delicate senza eccessiva raffinatezza, da poter servire alla mensa delle famiglie come a quella dei più sontuosi conviti.”
Così Emanuele Rossi presenta ai suoi lettori un ricettario storico e indispensabile, un trattatello di non molte pagine ma grande competenza e fascino, il cui titolo completo è:
LA VERA CUCINIERA GENOVESE FACILE ED ECONOMICA OSSIA
Maniera di preparare e cuocere ogni sorta di vivande
ALL’USANZA DI GENOVA
PREMESSOVI UN ELENCO DEI VOCABOLI ATTINENTI ALLA CUCINA MENZIONATI NEL CORSO DI QUESTA OPERETTA
COLLE CORRISPETTIVE VOCI GENOVESI
ED AGGIUNTOVI IN FINE UN INDICE GENERALE
“La vera cuciniera genovese” o “La cuciniera genovese”? Storia di una disputa
Si tratta di un volumetto di fine Ottocento e la versione in nostro possesso ci impedisce di dire se sia l’edizione del 1862 o quella del 1865 poiché è stata rilegata e si sono persi i dati dell’editore ma si tratta sicuramente di un’edizione del tardo Ottocento che, in un linguaggio un po’ antiquato, rivela magnificamente i segreti delle ricette genovesi autentiche, non modificate dal corso degli anni e delle mode.
È l’ampliamento, l’autore lo ammette chiaramente, della famosa “La cuciniera genovese. La vera maniera di cucinare alla genovese” di Giobatta Ratto (1863), edita dai celebri fratelli Pagano “forse come strenna di Natale, un forziere di carta contenente 481 ricette. Il pubblico lo pagava una lira e sessanta, oppure quattro per la versione di lusso. Prima non v’era stato altro, se non i meticolosi versi in dialetto di Martin Piaggio (o scio Reginn-a) dedicati ai principali piatti della patria, versi che però non menzionavano né il cappon magro né – udite udite – il pesto”, scrive Umberto Curti.
“Poiché, due anni dopo il Ratto, uscì in Toscana (poi a Milano per le edizioni Bietti), a firma di Emanuele Rossi “La vera cuciniera genovese facile ed economica ossia maniera di preparare e cuocere ogni genere di vivande”, la querelle fra le due pubblicazioni s’accese immediata e intensa. Chi parteggiava per il Ratto dava del contraffattore al Rossi. In entrambi i titoli, peraltro, ricorre l’aggettivo “vera”, circolavano dunque cuciniere inaffidabili? Nel 1910, comunque, dei due ricettari compose una sintesi Emerico Romano Calvetti, “La cucina popolare genovese”, scrive ancora Curti.
Ma polemica a parte: è davvero necessario rifarsi ad un ricettario così antico e di così difficile lettura a causa del linguaggio ottocentesco? Noi diciamo di sì perché molti di noi, pur proseguendo nella tradizione delle vecchie ricette di casa, hanno un po’ perso il senso di alcuni piatti che, nel tempo, si sono trasformati da semplici ricette povere per il recupero di cibi avanzati o di tagli di carne o tipi di pesce meno nobili, in piatti a base di ingredienti maggiormente pregiati. Non c’è nulla di male, in questo, ma può essere anche interessante ritornare alla tradizione, riscoprire quanta saggezza c’era in quegli antichi preparati studiati per dare nutrimento con poco a molti.
È sicuramente il caso del celebre Cappon Magro, una ricetta nata nei pescherecci e nelle case povere, che metteva insieme il pescato di minor prestigio, le poche verdure dell’orto, barbabietole, radici, la poverissima galletta da marinaio, che si conservava per mesi se non per anni, legate con l’economica salsa verde di prezzemolo (che in un orto casalingo non manca mai) e aglio.
Il nome Cappon magro è controverso: si pensa generalmente che faccia riferimento a un piatto per i giorni di magro, un piatto di pesce contrapposto al cappone, la tipica portata di grasso delle feste; il nome potrebbe anche essere legato al concetto di caponata, cioè misto di verdure cotte, oppure al pesce cappone, come viene chiamato in Liguria lo scorfano rosso.
È un simpatico mistero e potrebbe essere divertente fare una ricerca in proposito ma ciò che a noi interessa ora è darvi la ricetta originale di questa squisitezza.
Tenete presente che anche la ricetta del Rossi è influenzata dal passaggio del piatto dalle cucine dei pescherecci, dove sicuramente veniva preparato a Condigiun, cioè come un’insalata, alle tavole dei ricchi, alle cucine delle locande e dei ristoranti; quindi, la versione qua presentata è arricchita con gamberi ed aragosta e altri ingredienti pregiati che però non sono affatto indispensabili (come l’autore stesso si premura di dire): sarà invece divertente escluderli pensando a questa pazza e ricca insalata preparata nell’angusta cucina di un peschereccio, da un cuoco che cuoce, trita, mescola per poi fornire ai marinai una ricetta ricca di nutrimento e sapore. E ricca delle vitamine delle verdure, così indispensabili a chi va per mare per lunghi periodi.
Ormai pochissimi preparano il Cappon magro perché, pur non essendo una ricetta particolarmente difficile, è una ricetta che richiede molti passaggi e molto tempo. Però, in attesa della festa di Pasqua, possiamo pensare al Cappon magro come splendido e scenografico antipasto oppure come piatto forte per i pranzi in famiglia di una certa importanza.
Sicuramente, se si decide di farlo, conviene farlo in abbondanza, perché si conserva magnificamente in frigo. Esiste anche la possibilità, laboriosa, ma alcuni ristoranti l’hanno adottata, di farlo monoporzione. Tuttavia, il Cappon Magro, in tutta la sua trionfale magnificenza, va portato in tavola intero e poi tagliato con grande cura perché conservi gli strati originali e ciascun commensale possa assaggiarlo nella sua deliziosa complessità.
Cappon magro: la ricetta
Prendete tre ettogrammi di biscottini di semola (galletta), strofinateli ad uno ad uno con aglio, indi bagnateli in acqua mista ad aceto, spolverizzateli con poco sale, e poneteli fra due piatti a rinvenire.
Intanto fate lessare insieme un cavolfiore, tre ettogr. di fagiuolini in erba, un sedano e due carote, il tutto ben mondato; fate pur cuocere a parte, in pentola separata, delle barbabietole (si possono usare quelle già cotte al forno n.d.r.), due ettog. di patate e due mazzi di scorzonera.
Sgocciolate e lasciate raffreddare tutti questi erbaggi, e conditeli separatamente in altrettanti piatti con olio, aceto e sale, avvertendo che le patate e le barbabietole devono essere spellate e tagliate a fette, ed il restante tagliato a pezzetti, o trinciato.
Lessate poscia un bel pesce (o ragno, o nasello, o ombrina) …, toglietegli la testa e le lische, e conditelo con olio, limone e sale.
Lessate pure un’arigusta (…aragosta), sgusciatela, tagliatela a pezzi e conditela come il pesce suddetto.
Lessate finalmente un mazzo di ramolacci (se li trovate: si tratta del “Ravizzun”… simile a qualcosa tipo rapa, un ravanello selvatico più o meno e di questo mantiene il piccante e il pungente, anche nell’odore, anche nelle foglie) e 6 carciofi tagliati a spicchi.
Poscia friggete in padella con olio due o tre dozzine di gamberi di mare, fate assodare 8 uova, e, fredde, tagliatele a quarti.
Preparate 24 olive di Spagna, sei acciughe salate, pulite, private della lisca e rotte a pezzetti, 50 gr. di mosciame (filetto essiccato un tempo di delfino ora, ovviamente, di tonno) tagliato in sottilissime fette, 25 gr. di capperi, venti funghi sott’olio e due dozzine d’ostriche tolte dal loro guscio,
Così ammannite separatamente tutte le suddette cose, fate una salsa come è indicata al num. 40 (salsa verde, segue ricetta n.d.r.), poi prendete un gran piatto profondo od un’insalatiera (ma mettendoli in una grande tortiera a cerniera il risultato sarà ancora migliore n.d.r.) e cominciando dai biscottini (gallette) che avete messi a rinvenire come abbiam detto, formatene un suolo sul fondo del recipiente, spargetevi indi sopra un poco d’olio, distribuite qua e là le fette del mosciame, e poi condite colla salsa suddetta (salsa verde), proseguite a stendere inoltre ed a condire suolo per suolo (strato per strato), colla stessa salsa tutti gli ingredienti descritti (ad eccezione però delle ostriche, dei gamberi e delle olive) che disporrete in bell’ordine e verrete su su accumulandoli, procurando che il pesce e l’arigusta rimangano verso la sommità del Cappon magro.
Quando il tutto sarà a suo posto, bagnatene la superficie colla salsa che sarà rimasta (la salsa verde andrà spalmata su tutta la superficie, alcuni la spalmano anche sui lati n.d.r.), mettete in giro sull’orlo del piatto le ostriche, indi infilzate ad uno ad uno in piccoli stecchi i gamberi fritti, le olive e 24 fette rotonde di carote tagliuzzate a smerlo all’ingiro e conficcatele simmetricamente e vagamente per guarnizione, alternandone i colori sui lati e verso la sommità del cappon magro, il quale finalmente potrete servire in tavola.
È da avvertirsi che questa complicatissima vivanda, regina fra tutte le insalate, può rendersi più semplice escludendo qualche ortaggio o guarnimento, ciò dipendendo dal gusto delle persone e dalla maggiore o minore economia di chi la compone.
Salsa verde (Salsa piccante composta).
Pestate in un mortaio due acciughe salate, che avrete prima nettate e private della loro lisca, e aggiungete poscia del prezzemolo, due spicchi di aglio, 75 grammi di pinocchi (pinoli), 25 grammi di capperi, due o tre rossi d’uova assodate; della mollica di pane inzuppata nell’aceto, la polpa di sei od otto ulive di Spagna e sale, che pesterete ugualmente, avvertendo di ridurre il tutto in una densa pasta.
Passate poscia questa allo staccio (setaccio), unitevi mezzo bicchiere d’aceto ed un bicchiere d’olio fino, e stemperate bene con un cucchiaio.