Riso, la lunga storia dell’addomesticamento

Riso, la lunga storia dell’addomesticamento

Il riso è la più grande coltura alimentare del mondo, e fornisce quotidianamente le calorie necessarie per milioni di persone. Esistono due tipi distinti di riso addomesticato, Oryzac sativa, o asiatico, e Riceandryry Glaberrima, riso africano, entrambi con storie di domesticazione uniche.

Ma come sono stati selezionati, e da quali piante selvatiche derivano?

Il genere Oryzac contiene 21 parenti selvatici dei risi domestici ed è distinto in quattro complessi di specie: l’Oryzac sativa, Oryzac officialis, Oryzac Cridelyi e Oryzac granulata. L’Oryzac sativa è distribuito a livello globale con un’alta concentrazione in Asia, mentre l’Oryzacc glaberrima è tipico dell’Africa occidentale.

In generale, le cultivar africane furono addomesticate da Oryzac barthii (chiamato formalmente Oryzac breviligulata) e l’Oryzac sativa da Oryzac rufipogon. I risi selvatici in genere mostrano lunghe “barbe” fragili, che si spezzano e disperdono i semi mentre il riso domestico presenta barbe corte e una certa resistenza alla rottura, che massimizza il numero di semi che possono essere raccolti.
I risi selvatici in genere sono piccoli mentre i risi domestici sono di dimensioni variabili e diversa è la struttura della “pannocchia”: aperta, con pochi rami secondari che portano relativamente pochi grani, per i risi selvatici, densamente compatta con un elevato numero di grani, quelli domestici.

Riso: antiche testimonianze didodicimila anni fa

Parlando di addomesticamento del riso è ovvio che ci si riferisce a periodi di tempo molto lunghi: le più antiche testimonianze archeologiche sull’uso del riso da parte degli esseri umani sono state trovate nella regione centrale e inferiore del fiume Yangzi, nella regione cinese di Valley. Fitoliti, microfossili di strutture cellulari della pianta del riso sono stati trovati nei siti Xianrendong e Diotonghuan e datati tra 11000 e 12000 a.C.

Gli scienziati hanno scoperto altri siti in questa regione, tra cui Shangshan e Bashidang con quantità significative di resti di riso, alcuni risalenti al 8000 a.C. tuttavia non è certo se si tratti di riso coltivato, tentativi di coltura del riso selvatico e semplici risi selvatici, così come la natura li offriva.

Tuttavia, alcune prove indirette come delle “picche” ossee recuperate a Kuahuqiao, nella parte inferiore di Yangzi (6000-5400 a.C.), e nel vicino sito di Hemudu (5000–4000 a.C.)  fa pensare che siano state usate nella coltivazione del riso (Chang, 1986; Fulleret al., 2007).

I chicchi di riso setacciati dalle risaie più antiche conosciute, nella bassa valle del fiume Yangzi risalgono al 4000 a.C. e forniscono prove chiare dello stato dell’avvenuto addomesticamento del riso a quel tempo.

Ma a noi, come è arrivato? Che venga da lontano, è certo; che l’addomesticamento sia avvenuto nel corso di decine di migliaia di anni, l’abbiamo visto. Ma il riso, in Italia, è autoctono oppure importato? E ne esistono varietà spontanee?

Riso italiano: un puzzle genetico

Quello del riso italiano è definito un vero puzzle.

Come maggior produttore di riso in Europa, con circa 250.000 ettari di area di coltivazione e 1,6 milioni di tonnellate di produzione totale di grano l’Italia detiene il germoplasma (cioè il corredo genetico costituito dall’insieme dei suoi differenti genotipi, ossia dalle sue diverse varietà, coltivate -dette cultivar- e non), di riso con la più ricca diversità genetica.

Quasi tutte le varietà di riso coltivate in Italia sono “japonica ecotype”, adattate al clima temperato.  

Sebbene le varietà di riso italiane e in particolare quelle tradizionali abbiano svolto un ruolo importante nella produzione e nell’allevamento del riso, le conoscenze sull’origine e l’evoluzione delle varietà tradizionali italiane sono ancora limitate. Intanto, precisiamo subito che ne esiste una varietà selvatica, il Oryzac rufipogon ma ciò che è più interessante è la stretta relazione genetica delle varietà tradizionali italiane con quelle del nord della Cina.

La prima documentazione ufficiale dell’introduzione del riso in Italia è legata alla presenza spagnola nel Regno di Napoli a causa dei legami tra la famiglia Aragona (i Re di Napoli) e la famiglia Sforza (Duchi di Milano) nella seconda metà del XV secolo. Il riso potrebbe essere stato introdotto ripetutamente in Italia in diversi periodi di tempo attraverso diverse rotte, come ad esempio dagli arabi o dal commercio veneziano (ad esempio, i viaggi di Marco Polo), sebbene non sia disponibile alcun documento scritto al riguardo.

Le prime coltivazioni di riso documentate in Italia risalgono al 1468, nelle zone umide della Toscana, vicino a Pisa, mentre per una coltivazione relativamente estensiva dobbiamo arrivare al 1700, intorno all’area milanese.
A quel tempo, l’unico riso coltivato in Italia era il “Nostrale”, una varietà suscettibile al cosiddetto “fungo dello scoppio del riso” (Magnaporthe oryzae). Per garantire la coltivazione continua, gravemente minacciata da questa malattia fungina, all’inizio del XIX secolo furono introdotte nuove varietà dalla Cina e dal Giappone. Queste varietà erano caratterizzate da un’elevata resa e resistenza alle “esplosioni di riso”. Tuttavia, a causa della recrudescenza degli attacchi del fungo, nel 1880 furono importate molte altre varietà di riso da paesi asiatici tra cui Cina, India e Giappone, il che portò ad un aumento sostanziale del numero di varietà di riso italiane negli anni successivi.

Una pietra miliare della coltivazione del riso italiano nella storia è stata la presenza di un insieme di varietà raggruppate sotto il nome generale di “Chinese Originario”, con alta resa e forte resistenza agli “scoppi”, dal quale derivarono molti risi italiani di successo come il Balilla, l’Allorio, il Pierrot e il Maratelli), in alcuni casi, migliorati da vecchie varietà americane. La conoscenza della diversità genetica, dell’origine e dell’evoluzione del “riso italiano” è quindi fondamentale per la continuità di un allevamento efficace e le probabili origini cinesi del nostro riso, anche se non ancora completamente dimostrate, sono fondamentali per il miglioramento del riso italiano attraverso programmi di coltura che introducano genoplasma esotici.

La nostra grande tradizione come produttori di riso e le squisitezze culinarie, quindi, non possono prescindere da quell’apporto esotico, che ha permesso la continuità e lo sviluppo della cultura del riso in vaste zone d’Italia. Noti sono i picchi d’eccellenza sia nella qualità del prodotto sia nelle elaborazioni culinarie della zona del Vercellese, oggi giudicata la patria dei grandi risi e visitata da turisti attirati non solo dai suggestivi panorami d’acqua ma anche dall’eccellenza delle cucine e delle ricette.



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